Canto che parte dal cuore – Omaggio a Giuditta Pasta

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Authors: Laboratorio di Mosaico Centro Esquilino Roma

Year of publication: 2021

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L'opera vuole essere un omaggio a una grande donna Giuditta Pasta, nota anche coma la Divina, e contemporaneamente vuole sottolineare lo stretto legame tra la musica da lei interpretata e il territorio di Blevio.

 

L'idea progettuale nasce dalla volontà di far conoscere, da una parte, la Giuditta Pasta donna bellissima, come confermano le cronache del suo tempo e soprattutto i numerosi ritratti: aveva un ovale perfetto, grandi occhi espressivi e un carattere dolce ma determinato; dall'altra, la cantante che, grazie alla sua estensione vocale, fu un contralto e soprano, e venne considerata come la più celebre cantante lirica del XIX secolo: la sua voce, secondo Stendhal, suo fanatico ammiratore, non è "tutta dello stesso metallo". Prosegue Stendhal "La sua voce non ha un metallo straordinario, non ha una flessibilità sorprendente, non ha nemmanco una estensione fuori del comune: è unicamente e semplicemente il canto che parte dal cuore, il canto che nell'anima si sente. che trasporta e commove tutti gli spettatori". Ma pur non perfetta sul piano vocale, Giuditta Pasta ha una grande espressività e presenza scenica.

Infine si vuole svelare la donna intellettualmente impegnata anche nella politica e, considerando i tempi di allora, risalta la sua figura eclettica e molto attuale. Era un'epoca in cui risultava difficile per una donna poter manifestare le sue convinzioni, le sue passioni e i suoi conflitti. Ella vi riuscì seguendo i grandi autori del melodramma del tempo e dei loro librettisti divenendone la principale rappresentante.

Giuditta Pasta fu un'ardente patriota: nel marzo 1848, durante i moti delle cinque giornate, ella mise la propria dimora milanese a disposizione del Comitato di Assistenza del Governo Provvisorio, di cui anche il genero Eugenio Ferranti era membro.

Ciò spiega il suo breve esilio a Lugano, dove i nostri concittadini d'allora furono probabilmente gli ultimi ad ascoltarne la voce in uno dei concerti organizzati da Giuseppe Mazzini per gli emigrati poveri, tenuto al Teatro Sociale di Piazza Bandoria. Ella fu presente il 10 e sicuramente il 19 settembre, suscitando grande entusiasmo. Ad ascoltarla, in un angolo del teatro, si era fatto notare Giuseppe Mazzini, il quale testimoniò l'evento in una lettera: «Povera vecchia, ha cantato dopo diciotto anni, credo, di silenzio. M'è piaciuta, e stavo proprio tremando per lei quando è comparsa, ma ha cantato in un modo da farmi sentire l'eco di quello che dev'essere stata un giorno: e l'hanno applaudita freneticamente». Il significato di quegli  applausi  fu colto da un cronista del «Repubblicano», ossia essi

 

rappresentavano un nuovo patto giurato per la salvezza della sospirata patria, per la quale alcuni morirono.

La vita della cantante, lontana dai palcoscenici, fu segnata da un forte impegno anti-asburgico. Già nel 1838 rifiutò di esibirsi in occasione della discesa in Italia del nuovo imperatore Ferdinando I, intrattenne rapporti con le principali figure del Risorgimento italiano e infine inviò a Como sei piccoli cannoni di sua proprietà per contribuire all'espugnazione della caserma di San Francesco. Culmine di questo spirito passionario fu senz'altro la salita sulla vetta del colle Pizz di Brunate, dove il 23 marzo 1848, per festeggiare la cacciata degli austriaci, forse per la prima volta, una donna issò in aria la bandiera tricolore. Sulle pagine del giornale comasco «Il Lario» del 5 aprile 1848 si legge un resoconto dell'impresa eroica intrapresa dalla Pasta: «Correva voce che le malaugurate truppe tedesche avessero sgombrato Milano, non se ne aveva positiva notizia, e l'egregia Giuditta Pasta saliva il monte di Brunate per ivi in sito eminente piantare il sacro vessillo della libertà, appena si fosse verificata la notizia della liberazione di Milano. [...] Non si può esprimere con parole il lampo di gioia, che balenò in volto a Giuditta. Spiegò la bandiera tricolore, che ella stessa aveva cucito, recandosi di volo al luogo dove aveva disegnato di piantarla. Questo luogo chiamavasi PIZZ, ed è sopra quella punta eminente che sta sopra Como e dal quale si domina un vastissimo tratto della pianura Lombarda»

In sintesi, Giuditta Pasta fu un'artista presente al suo tempo, alla vita politica e

sociale del nostro paese.

Quindi abbiamo sintetizzato questa complessa personalità immortalando Giuditta Pasta ieratica e solenne nella sua possanza su un palcoscenico, che calcò per lunga parte della sua vita, indossando il candido abito bianco della sacerdotessa Norma, opera composta per lei da Vincenzo Bellini.

Inoltre abbiamo evidenziato il legame dell'Artista con il territorio, in quanto la scenografia è costituita da una villa (poi abbattuta), che fu sua residenza sulle· sponde del lago di Como, definita «La Roda» dal nome di una nereide. Dall'esame di diversi acquarelli che raffigurano un maestoso complesso di tre dimore, la residenza padronale e due dépendance per ospiti, abbiamo voluto ridar vita alla villa, immersa in un parco, ove Giuditta Pasta "si rifugia per attendere il calmarsi delle acque", come recita Mary Shelly in "A zonzo sul lago di Como". L'esterno è caratterizzato da eleganti linee neoclassiche (il timpano e le colonne), che presentano affinità con il Teatro Sociale di Como e sono adagiate sul quieto Lario.

Technique used:

La tecnica di realizzazione prevede il metodo diretto su retino su cui sono stati incollati marmi, vetri, smalti, ceramica, ciottoli, gemme di vetro e altro materiale di recupero di diverse altezze, che serviranno a riprodurre non solo un effetto tridimensionale e vibrante, sfruttando il rifrangersi della luce e riproducendo l'aspetto cangiante della natura, ma anche a rendere meglio l'aspetto naturalistico. Tali materiali sono stati applicati su pannello in alluminio alveolare trattato con collante cementizio.

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